"RIGHT IS RIGHT, LEFT IS WRONG"

mercoledì 31 marzo 2010


SI DISGREGHERÀ L’AMERICA?


Il presidente Obama sta disgregando l’America.
    L’approvazione dell’Obamacare è stata una vittoria storica per la politica liberal, anche se il suo prezzo reale potrebbe essere la demolizione del Paese.
    Obama è riuscito a fare ciò che i suoi predecessori liberal Franklin D. Roosevelt, Lyndon Baines Johnson e "Bill" Clinton avevano solo sognato: nazionalizzare l’assistenza sanitaria.
    Con l’Obamacare il governo controlla un sesto dell’intera economia degli Stati Uniti e assesta un colpo mortale all’America tradizionale. Il nostro Stato è ormai uno Stato assistenziale socialista come quelli europei. Inoltre, l’inevitabile e drastico aumento delle tasse, l’enorme apparato burocratico pubblico e le élite dirigenti liberal soffocheranno la concorrenza e la libera iniziativa.
    I repubblicani dicono di voler abrogare l’Obamacare, ma le loro gesta recenti rendono giustamente scettici molti conservatori. Dal New Deal di Franklin Delano Roosevelt, l'avanzata del liberalismo statalista non ha conosciuto soste. Social Security, Medicare, Medicaid, Environmental Protection Agency e U.S. Department of Education: il partito repubblicano si è mostrato incapace di resistere alla marea crescente dello statalismo. Tanto con Richard Nixon quanto con entrambi i Bush, i repubblicani fautori della Great Society hanno contribuito alla fondazione dello Stato-balia.
    Il socialismo è una strada che porta alla rovina economica e alla bancarotta fiscale, sovverte la democrazia e minaccia il futuro stesso della nostra repubblica costituzionale. Gli Stati socialisti degenerano sempre in una qualche forma di autocrazia o di neo-feudalesimo tecnocratico: la classe che produce viene tassata e sfruttata per poter mantenere legata a sé una classe subalterna sempre più numerosa. Le parti sociali vengono contrapposte l’una all’altra, i vari gruppi fanno a gara per accaparrarsi le sovvenzioni pubbliche e chi ne fa le spese è il singolo contribuente, sì che i vincoli reciproci propri dell’economia e della solidarietà nazionale si dissolvono a poco a poco.
    «Quando prenderete a coloro che hanno voglia di lavorare per darne a coloro che non ne hanno, la democrazia cesserà di esistere», avvertiva Thomas Jefferson. E aveva ragione: le politiche assistenziali redistributive stanno minando la nostra democrazia; in America cresce lo scontento; i Tea Party [neo-conservatori radicali (ndr)] sono convinti che il governo americano non rappresenti più i loro interessi o i loro valori; la classe politica si sta pericolosamente alienando il cuore del Paese, che si sente da lei tradito.
    L’Obamacare potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso, perché straccia libertà economiche fondamentali e conferisce al governo federale il potere di nazionalizzare de facto il corpo di ciascuno, controllandone la salute. Gli americani sono costretti a stipulare le assicurazioni, altrimenti vanno incontro a pene pecuniarie o, in seconda battuta, alla prigione.
    Ma non è tutto: questa legge sanziona il finanziamento federale dell’aborto: i dollari dei contribuenti saranno usati per sovvenzionare l’assassinio della vita innocente. Ecco perché Obama ha violato il patto sociale: ha "abrogato" la coscienza dei pro-life, rendendoli tacitamente partecipi del massacro dei non nati. L’Obamacare è quindi anche un assalto feroce contro le libertà religiose fondamentali.
    La rivoluzione di Obama minaccia di lacerare l’America. È già accaduto in passato. La schiavitù, a lungo andare, scatenò la Guerra Civile fra il Nord industriale e il Sud agrario. L’aborto è lo schiavismo del nostro tempo, un sistema che nega i diritti umani più elementari a un’intera categoria di persone.
    L’aspro dibattito sull’Obamacare ha messo in luce le profonde divisioni del Paese. Non siamo più una sola nazione e un solo popolo: ora vi sono, invece, due Americhe, una conservatrice, l’altra liberal. Non siamo più soltanto in disaccordo, ma ci disprezziamo reciprocamente e con crescente intensità.
    Il disaccordo verte su tutto: politica, morale, cultura e storia. Non abbiamo più qualcosa che ci unisce in profondità, né condividiamo gli stessi valori. Una metà dell’America crede che l’aborto sia un abominio; l’altra considera ogni tentativo di renderlo illegale un atto oppressivo e sessista. Una metà si oppone alle unioni omosessuali perché così si eleva un comportamento immorale e innaturale allo status sacro di matrimonio; l’altra metà le sostiene perché le interpreta come un’estensione dei diritti civili. Una metà impreca contro il programma socialista di Obama, considerandolo distruttivo del capitalismo e del sistema costituzionale; l’altra metà lo sposa, vedendovi il massimo della giustizia sociale e dell’eguaglianza economica. Una metà onora gli eroi d’America: Cristoforo Colombo, George Washington, James Madison, Davy Crockett, e la sua storia gloriosa; l’altra si vergogna del suo passato, perché lo giudica macchiato da razzismo, imperialismo e sciovinismo.
    È vero che un Paese non coincide semplicemente con le persone che sono contenute entro determinati confini geografici: esso è qualcosa di più e di più profondo. Una nazione deve condividere un retaggio comune, una lingua, una cultura, una fede e dei miti. Una volta gli americani celebravano i medesimi eroi, cantavano le stesse canzoni patriottiche, avevano in comune una sola letteratura e una sola storia e si vantavano del suo carattere di straordinarietà: una città sulla collina, con diritti e libertà per tutti. Era ben chiaro a tutte le nostre diverse componenti etniche e religiose che l’America era un prodotto della civiltà inglese e cristiana... Ma questi giorni sono passati da tempo. Ora abbiamo imboccato una strada che i nostri padri fondatori ci consigliavano di evitare: quella della progressiva balcanizzazione e del crescente campanilismo. Una repubblica costituzionale, a differenza di un impero, deve la sua forza solo alla sua coesione come nazione: non si fonda sulla coercizione imperiale, ma sul consenso civico. Obama, sprezzantemente, sta tirando a eccesso la corda dell’unità, esasperando la nostra polarizzazione.
    Di fronte all’Obamacare si sono invocati la sovranità dei singoli Stati, i loro diritti e la loro facoltà di annullare le leggi federali, come accadde negli anni 1830 e 1840. Sono questi i segni di una crescente anarchia politica e di frustrazione sociale: solo spingendola, la gente può solo arrivare a un tale estremo. Gli sforzi di Obama per edificare un super-Stato socialista minacciano l'esistenza stessa dell’America. Come ammoniva Jefferson parlando della schiavitù, è venuto il momento "di suonare la campana antincendio nella notte".
    «Things fall apart; the center cannot hold / Mere anarchy is loosed upon the world»Le cose si dissociano; il centro non può reggere / la pura anarchia si rovescia sul mondo»], scriveva William Butler Yeats [(1865-1939)] [1].
    I conservatori non assisteranno passivi a quest’aggressione a tutti i valori che ci sono più cari. A meno che non abbandoni il suo progetto rivoluzionario, il vero lascito di Obama starebbe nell’averci diviso come mai era successo in passato.
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[1] The second coming [Il secondo avvento, poema del 1919], vv. 3-4 (cfr. WILLIAM BUTLER YEATS, Michael Robartes and the Dancer, The Chuala Press, Chruchtown, Dundrum (Eire) 1920) (ndr).

[Articolo apparso su The Washington Times il 25 marzo 2010]

Jeffrey T. Kuhner è ospite tutti i giorni dalle 13 alle 15 della radio Internet WTNT 570-AM (http://www.talk570.com/) dove anima The Kuhner Show.




domenica 14 marzo 2010

UN REGIME
DI GANGSTER


    Il presidente Obama è a capo della più corrotta delle amministrazioni di tutta la storia americana.
    Continuano infatti i suoi tentativi di far passare in parlamento la riforma sanitaria del governo, nonostante la crescente opposizione del Congresso e della schiacciante maggioranza degli americani.      
    Anche molti democratici, in particolare i “Blue Dogs” [1] . La portavoce della Camera Nancy Pelosi, democratica della California, non ha attualmente a disposizione i voti necessari per far approvare la riforma passando per il Congresso.
    La Casa Bianca ha annunciato ai democratici che farà di tutto pur di far approvare la legge, perché essa sarebbe una manna per chi verrà dopo Obama. Nessuno dei presidenti progressisti che l’hanno preceduto – Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, Jimmy Carter o Bill Clinton – sono stati capaci di conseguire l’obiettivo essenziale di ogni governo liberal: la nazionalizzazione della sanità.
    Tuttavia, l’ambizione sfrontata di Obama sta spingendo la sua amministrazione verso una corruzione sempre più aggressiva, il crimine e l’abuso di potere. Le accuse dell’ex parlamentare Eric Massa, democratico di New York, aprono uno squarcio sull’atmosfera da cosca criminale che pervade l’Amministrazione.
    Massa è un politico senza scrupoli e un depravato. Possiamo chiamare diversamente un uomo che ha ammesso di aver fatto proposte sessuali, nel corso un ricevimento nuziale, a un uomo dello staff, non appena la moglie, influenzata, l’aveva lasciato solo? Massa ha anche ammesso di aver “stuzzicato” altri componenti maschi del suo team. Le cronache giornalistiche riferiscono che gli addetti allo staff si sono lamentati di aver subito palpeggiamenti da parte dell’ex deputato, la Commissione Etica della Camera ha aperto un’inchiesta ed Eric Massa ha dato le dimissioni.
    Il problema non è tanto la pur deplorevole e stravagante condotta di Massa – ha avuto il suo quarto d’ora di notorietà ed è scomparso –, quanto il fatto che l’apparato politico di Chicago resta in piedi. Le accuse di Massa contro il capo dello staff presidenziale Rahm Emanuel minacciano il regime di Obama dalle fondamenta. Ecco perché i media liberal ci tenevano così tanto a distruggere la credibilità del deputato. Speravano infatti che una storia di molestie sessuali e di comportamento omosessuale potesse distrarre l’opinione pubblica da quel che invece ha fatto Emanuel.
    Eric Massa ha infatti detto che, mentre era nudo nelle docce della palestra della Camera, Emanuel lo ha affrontato, rimproverandogli la sua scelta di votare contro il bilancio dello Stato presentato dal Presidente. Massa sostiene pure che dirigenti sindacati, spalleggiati dalla Casa Bianca, lo hanno avvicinato minacciandolo di negargli contributi per la campagna elettorale se si fosse opposto all’Obamacare. Se tutto ciò risultasse vero – tentativo di corruzione e diffamazione –, sarebbe anche estremamente volgare. Risalgono a Emanuel tutti i cinici tentativi della Casa Bianca di comprare voti e di istituzionalizzare il metodo delle mazzette al fine di far approvare una legge profondamente impopolare.
    L’intero processo di “riforma” dell’assistenza sanitaria è segnato da scandali e da diffusa corruzione: il “Louisiana Purchase”, i 300 milioni di dollari extra riversati nei fondi del Medicaid per assicurarsi il voto della senatrice Mary L. Landrieu, democratica della Louisiana; il “Cornhusker Kickback”, i 100 milioni di dollari offerti per coprire i costi dell’espansione del Medicaid in Nebraska al fine di avere il supporto del senatore Ben Nelson; i 5 miliardi messi da parte per pagare l’esenzione della Florida dal Medicare per acquisire il voto favorevole del senatore Bill Nelson; e gli accordi speciali stipulati sull’high-cost – i cosiddetti piani assicurativi “Cadillac” – con dirigenti di influenti sindacati.
    L’Amministrazione sta prendendo di mira esponenti democratici-chiave della Camera: sta mettendo in pratica i “metodi da Chicago”, secondo cui: “prima usa la mazzetta e, se non basta, prova con la prepotenza”.
    Per esempio, a Jim Matheson, parlamentare dello Utah, che inizialmente aveva votato contro la legge sull’assistenza sanitaria, è stata fatta un’offerta che non poteva rifiutare: suo fratello Scott è stato proposto per la carica di giudice federale. Se questo non è un flagrante “quidpro quo….
    Al deputato Allan B. Mollohan del West Virginia, un panchinaro che non ha ancora deciso come votare, è stato dato un bell’incentivo a sostenere l’Obamacare: il Dipartimento di Giustizia ha appena annunciato di aver ritirato – mirabile coincidenza – la sua inchiesta sulla condotta etica del discusso parlamentare.
    Il deputato Burt Stupak del Michigan, un democratico a favore della vita che si oppone alla legge sul finanziamento federale degli aborti, è stato inaspettatamente coinvolto in una inchiesta parlamentare sulla liceità dell’uso di un appartamento ad affitto agevolato messogli a disposizione nel Distretto di Columbia da un gruppo cristiano. I leader democratici del Congresso sapevano benissimo anche prima qual era la sistemazione di Stupak: ma, guarda caso, solo adesso la cosa è diventata fonte di preoccupazione. Se non è la proverbiale pistola puntata alla tempia...
    Gli abusi di potere di Obama non riguardano solo il progetto di riforma dell’assistenza sanitaria. Il deputato democratico della Pennsylvania Joe Sestak ha accusato l’Amministrazione di avergli offerto un incarico di alto profilo nelle fila del governo se accetterà di non correre alle primarie democratiche contro il senatore Arlen Specter. Se fosse vero, la Casa Bianca avrebbe compiuto un reato piuttosto grave: è contro la legge infatti usare il potere federale allo scopo di interferire direttamente o di determinare l’esito di una elezione.
    Ecco perché al deputato repubblicano della California Darrell Issa, membro di spicco della Commissione di Garanzia e delle Riforme di Governo alla Camera, è stato chiesto di aprire una inchiesta ufficiale sulla materia.
    «Se la Casa Bianca forse pensa che questo sia il modo normale di far politica, è del tutto straordinario e spettacolare che un candidato – un membro del Congresso degli Stati Uniti, non uno qualunque – accusi liberamente ricevuta di una tale proposta», ha detto Issa. «Quasi sempre, i candidati si mostrano riservati su scambi di questo tipo, e a ragione, visto che sono contro la legge».
    Ogni rivoluzionario socialista di successo ha avuto un suo braccio destro cui affidare il lavoro sporco, qualcuno disposto a spaccare teste e a pescare nel torbido, mentre il leader, apparentemente al di sopra della mischia, formulava piani di giustizia economica e di armonia sociale. Vladimir Lenin ebbe il suo Josef Stalin, Fidel Castro suo fratello Raul: ora Obama ha Emanuel.
    La cosa più importante che abbiamo imparato dal ventesimo secolo è che l’utopismo conduce al gangsterismo. Obama sta disperatamente cercando di imporre la sua rivoluzione socialista progressista. Più resistenza incontra, più diventa determinato e più ha bisogno di fare affidamento su filibustieri alla Emanuel. Obama, che ha promesso di riformare Washington, sta al contrario governando più come un gangster che non come un uomo di Stato.


[1] La Democratic Blue Dog Coalition è un gruppo di 54 deputati democratici di orientamento moderato: conservatori su temi fiscali, sono in rivolta contro l’Obamacare (ndr)]

Jeffrey T. Kuhner è ospite tutti i giorni dalle 13 alle 15 della radio Internet WTNT 570-AM (http://www.talk570.com/) dove anima The Kuhner Show.

venerdì 5 marzo 2010

GLI STATI UNITI

SOCIALISTI D'AMERICA

[Il nuovo Piano renderà la salute più accessibile...]

Il Presidente Obama sta per completare la sua rivoluzione socialista. Fin dal suo arrivo alla presidenza, l’anno scorso, ha cercato senza sosta di trasformare l’America. Fin dal tempo della sua militanza studentesca radicale, Obama è stato ossessionato dal desiderio di abbattere il tradizionale sistema di libero mercato. Come molti altri sinistrorsi, egli pensa che il capitalismo sia il nemico.
    «Al college era un socialista marxista — dice John C. Drew, che lo conobbe ai tempi dell’università, in un’intervista —. E ha continuato a parlare della necessità di rigettare il capitalismo a vantaggio di una rivoluzione della classe lavoratrice».
    Uno dei filosofi preferito da Obama è stato Franz Fanon [1925-1961], un marxista post-colonialista che sosteneva i movimenti di liberazione del Terzo Mondo. Secondo Fanon, l’Occidente — in testa l’America — era basato sul razzismo, l’imperialismo e lo sfruttamento economico dei poveri del mondo. L’unico rimedio era il socialismo autoritario e una massiccia ridistribuzione della ricchezza dalle nazioni occidentali verso i Paesi in via di sviluppo.
    Durante la sua carriera Obama ha frequentato associazioni politiche radicali. Alla Columbia University, quando insegnava diritto costituzionale, ha abbracciato la dottrina giuridica postmoderna secondo la quale il sistema costituzionale statunitense presenta una verniciatura artificiale di libertà mentre di fatto porta avanti solo gl’interessi economici dei potenti maschi bianchi. Quando era animatore di una comunità a Chicago ha studiato e tentato d'imitare l’attivismo di Saul Alinsky [1909-1972], un neo-trotzkista che proclamava la “rivoluzione permanente”. I suoi compagni di più lunga data, il rev. Jeremiah Wright, William Ayers e Bernardine Dohrn sono sostenitori della liberazione marxista e condividono un feroce odio per gli Stati Uniti e credono che solo un cambiamento radicale e palingenetico possa redimere l’America.
    Obama è l’esatto opposto di un centrista pragmatico, come la maggior parte dei media insiste a dipingerlo: è un ideologo che sta portando avanti il suo progetto politico anche a rischio di danneggiare in profondità il Partito Democratico.
    Questo spiega il suo stravagante, quasi irrefrenabile, desiderio di far accettare a tutti costi il suo programma “Obamacare” dal Congresso. Il Presidente ha detto che vuole che dall’esame del suo piano sanitario esca un voto “sì o no” e preferibilmente entro la fine di marzo, prima cioè delle vacanze parlamentari di Pasqua. In altri termini, ha dato il via libera alla speaker della Camera Nancy Pelosi, democratica della California, e al leader della maggioranza in Senato Harry Reid, democratico del Nevada, di usare il sistema detto della “reconciliation”, un procedimento parlamentare previsto per le scorciatoie di bilancio. Secondo queste regole arcane, una semplice maggioranza di cinquanta voti democratici al Senato, più il voto di tie-break del Vice Presidente Joseph R. Biden jr., sarebbe sufficiente per far passare la riforma sanitaria, perché così sarebbe reso impraticabile l’ostruzionismo.
    E questa è una decisione senza precedenti: mai nella nostra storia la “reconciliation” è stata usata per far passare un importante insieme di leggi sociali solo con una ristretta maggioranza di parte. “Obamacare” costerà infatti quasi un sesto dell’economia statunitense. Per contro, i programmi Social Security, Medicare e Medicaid sono stati approvati con un travolgente consenso bipartisan. A dispetto del mito popolare, sono numerosi i repubblicani che hanno indossato l’idea dello Stato del benessere tipico del New Deal e della Great Society e questo spiega perché è così difficile (se non impossibile) abrogarli.
    La Casa Bianca e i suoi alleati dei media pretendono che il “welfare reform bill” (decreto di riforma del Welfare) del 1996, il “children's health insurance program” (piano sanitario per l’infanzia) del 1997 e i tagli alle tasse di Bush del 2001 furono approvati usando la tecnica della “reconciliation”. Questo è fuorviante: ciascuna di queste misure ha avuto un forte sostegno dei democratici, specialmente al Senato.
    Obama è impegnato in un atto di abuso di potere: sta ostacolando la volontà della maggioranza degli americani che non vuole una medicina socializzata perché teme, a ragione, che l’etichetta del prezzo complessivo della proposta — mille miliardi di dollari — andrà a sommarsi al nostro stratosferico debito pubblico, che ci ha portato sull’orlo della rovina. Comprendono che soffocherà l’innovazione della medicina e ridurrà la qualità delle cure, portando al razionamento e alle lunghe liste di attesa. La riforma rappresenta inoltre la maggior dilatazione di spesa pubblica autorizzata dagli anni 1960.
    Inoltre, l'azione di Obama stanno minando il tradizionale sistema di controlli incrociati istituito dai Padri fondatori. Il ruolo istituzionale del Senato è di fungere da antemurale contro la regola della maggioranza pura. Con il pretesto d'imbrigliare i “corsari” del Parlamento, Obama sta non solo prendendo in giro gli elettori — inclusi quelli che in Massachusetts hanno eletto il senatore repubblicano Scott Brown — ma anche irridendo i più profondi meccanismi costituzionali di salvaguardia, intesi a impedire questo genere di usurpazioni del potere.
    La sua proposta di riforma tenta di creare un’economia sanitaria pianificata centralmente, la quale edificherà una gigantesca burocrazia statale basata su massicce tassazioni, sovvenzioni e normative. Obama è disposto a sacrificare le sorti politiche del suo partito a novembre — e perfino la sua stessa rielezione nel 2012 — perché comprende un fatto fondamentale: la nazionalizzazione della sanità è il cuore dello statalismo dalla culla alla tomba. Nessun Paese che abbia adottato la sanità sociale — Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, Italia — è stato capace di riguadagnare la libertà economica.
    E questo non perché la sanità a guida statale funzioni o sia più preferita, ma perché, invece, promuove un debilitante spirito di dipendenza che si rivela fatale all’autogoverno del popolo. In breve, uccide l’autostima e l’individualismo che sono d’importanza essenziale per una democrazia di libero mercato.
    Per Obama, questo è il punto preciso. Vladimir Lenin, il leader della Rivoluzione bolscevica, ha disegnato il modello di azione marxista che è stato seguito dalla sinistra radicale fin dal 1917. Lenin esortava infatti a sfruttare qualunque disastro che «[...] accelerasse la distruzione […] della classe capitalistica». La Grande Recessione del 2008 ha portato al potere Obama. E questi sta sfruttando la crisi per spazzare via il vecchio ordine capitalistico. 
    Obama sta ineeluttabilmente dando vita a una nuova nazione: gli Stati Uniti Socialisti d’America: gli U.S.S.A.

[Articolo apparso su The Washington Times il 5 marzo 2010]

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