"RIGHT IS RIGHT, LEFT IS WRONG"

venerdì 30 aprile 2010

LA POLITICA DI OBAMA
PORTA ALLO SCONTRO
RAZZIALE?

 


Il Presidente Obama incita alla divisione razziale. Egli teme, a ragione, che i democratici subiranno forti perdite nelle elezioni di metà mandato per il Congresso che si terranno a novembre. I repubblicani sono a un passo dal riprendere il controllo sulla Camera dei Deputati e anche la partita al Senato potrebbe rivelarsi aperta. La presa del partito di Obama sul potere è minacciata e, con essa, il programma radicalsocialista del Presidente.
    La paura alimenta la disperazione: ecco perché Obama ha deciso di ricorrere alla peggiore demagogia e di giocare la carta razziale. In un video indirizzato ai democratici, il Presidente ha fatto sue le prospettive della politica identitaria: a essere corteggiato è il voto dei neri, degli ispanici e delle donne a spese della classe media dei bianchi americani.
    «Dipenderà da ciascuno di voi far sì che i giovani, gli afro-americani, i latinos e le donne, che ci garantirono la vittoria nel 2008, lottino ancora una volta insieme», ha detto.
    Obama ha studiatamente trascurato quell'ampia fetta di elettori bianchi: i residenti delle periferie urbane, i professionisti piccolo-borghesi, gli ambientalisti, gl’iscritti al sindacato, che lo hanno votato in massa. Per le elezioni del 2010, i bianchi non gli interessano più, specialmente i bianchi maschi e cristiani.
    Nella storia recente, nessun presidente ha mai provato a mettere gruppi razziali o sessuali l’uno contro l’altro così intenzionalmente e alla luce del sole. Il Presidente non è solamente il leader ufficiale di un partito o il capo di un governo: è il capo dello Stato e incarna la volontà collettiva del popolo americano. È il Presidente di tutti gli americani, non solamente di certi segmenti della sua coalizione elettorale. La retorica di Obama è sconsiderata, alimenta il conflitto civile e l’ostilità razziale.
    Immaginatevi, per esempio, che putiferio mediatico si sarebbe scatenato se il Presidente George W. Bush nel 2006 avesse fatto appello ai “bianchi, ai sudisti, ai cristiani e ai veterani” perché votassero il Partito Repubblicano! Bush sarebbe stato scorticato vivo, e a ragione, per aver manifestato tendenze razziste e settarie.
    Obama sta frantumando l’America: sta facendo appello al primato della razza e del sesso al fine di portare avanti la sua rivoluzione nazionale e socialista e sta cavalcando il tribalismo revanscista, una politica che, calcando la mano sulle lamentele e sul vittimismo razziale, non può che minare la nostra comune identità nazionale. Proprio come il suo pastore di un tempo, il reverendo Jeremiah Wright, Obama è il mastino della razza, un mastino virulento e anti-americano.
    Invece di vedere davanti a sé solo americani, divide le persone in base alla razza e al sesso. Le attuali politiche identitarie di stampo liberal affondano le loro radici nella dottrina fascista. Il filosofo più influente del ventesimo secolo è stato Martin Heidegger e molti ritengono che Essere e tempo, il classico saggio da lui scritto nel 1927, abbia profondamente influenzato il pensiero occidentale, in particolare la sinistra accademica e il postmodernismo che essa sposa: esattamente la cultura dalla quale proviene, per sua stessa ammissione, Obama.
    Il pensatore tedesco ha sviluppato la teoria del primato della razza, del sangue e dell’identità di gruppo in un mondo secolare e relativistico. Heidegger rigettava gli eterni principi giudaico-cristiani degli assoluti morali per fare invece appello alla volontà di potenza attraverso le comunità razziali e la solidarietà tribale. Heidegger si opponeva in maniera rigida alla democrazia, al capitalismo e alla crescita economica improntata al libero mercato, denunciandoli come ingiusti e oppressivi.
    Si omette volutamente di ricordare che Heidegger è stato anche un nazionalsocialista appassionato, ammiratore di Adolf Hitler, nonché membro del partito nazionalsocialista. Egli credeva che il fascismo — con i suoi razzismo, neopaganesimo, corporativismo economico, culto dello Stato, ambientalismo fanatico, e odio per la civiltà occidentale — rappresentasse il vero futuro: è triste dirlo, ma forse aveva ragione.
    Le élite radical-progressiste occidentali di oggi sono eredi di Heidegger. Per decenni, la sinistra americana è stata ossessionata dalla razza, dalla classe e dal sesso, mentre disprezzava la tradizione nazionale e la cultura comune degli americani. Il sogno dei Padri Fondatori di una repubblica basata sul governo limitato, su un indomabile individualismo, sulla Costituzione e sulla nozione di un “eccezione americana”, così anche le radici della nostra civiltà cristiana e anglofona basata su un’identità nazionale ben definita: tutti questi ideali devono essere soppressi in nome del progressismo.
    Contrariamente a quanto comunemente si pensa, la presidenza di Obama non sta semplicemente dando vita a una democrazia di tipo europeo: è più insidiosa e pericolosa. È il tentativo di fondare un regime allo stesso tempo liberal e fascista, dove Heidegger “incontra” [la mentalità espressa dalla nota attrice progressista] Jane Fonda.
    Ciò che ne risulta è simile a quanto caratterizza altri Stati “fascisti”[1]media ipertrofici, forte controllo dello Stato su tutti gli aspetti della vita nazionale, un settore pubblico dilatato, la sclerosi economica, una economia corporativistica[2], disoccupazione permanentemente alta, tasse devastanti, ostilità nei confronti degli ebrei (nella fattispecie Israele), una crescente intolleranza nei confronti del dissenso, la demonizzazione della critica e un culto irrazionale della personalità del Presidente.
    La caratteristica che maggiormente contraddistingue questo modello, comunque, è l’incitamento al conflitto razziale. Il fascismo prospera quando può fomentare divisioni etniche e odio, prendendo di mira nemici razziali interni al fine di galvanizzare i sostenitori dinanzi ai loro leader.
Ed è quello che Obama sta facendo oggi: insieme ai suoi alleati democratici sta deliberatamente soffiando sul fuoco delle tensioni razziali scatenatesi intorno alla legge sull’immigrazione dell’Arizona.
    Lo statuto dell’Arizona prevede solo maggiori poteri alla polizia locale al fine di far rispettare le leggi federali sull’immigrazione esistenti.
    Travolti dai cartelli della droga messicani, da un’imponente ondata di criminalità e dai molti immigrati clandestini, le autorità dell’Arizona hanno preso misure atte a difendere i confini, vista l’inerzia del governo federale. La legge-quadro restrittiva sull’immigrazione è una semplice espressione di patriottismo del senso comune e del diritto di autodifesa.

    Obama, in ogni caso, l’ha liquidata come "fuorviante". I media liberal riferendosi a quella legge, parlano di hitlerismo, di una forma di apartheid e di supremazia bianca, probabilmente a causa del suo modo di descrivere in termini razziali gli ispanici.
    Il reverendo Al Sharpton ha organizzato un boicottaggio economico dello Stato. Attaccando la legge sull’immigrazione dell’Arizona si vorrebbe far credere agli ispanici che i bianchi dell’Arizona vogliono imporre un sistema di caste a base razziale. Si gioca così consapevolmente a contrapporre questo a quel gruppo razzialo solo perché in novembre il voto delle minoranze possa ancor più massicciamente riversarsi su Obama.
    Ne consegue la graduale balcanizzazione e frantumazione dell’America. I media di maggiore diffusione si rifiutano di riconoscere una realtà evidente: nelle proteste contro la legge dell’Arizona è esplosa la violenza razziale: in Arizona gang di manifestanti ispanici hanno gettato pietre e bottiglie contro la polizia, sputando su di loro e chiamandoli “porci”. Questo fine settimana sono previste manifestazioni di massa nel Paese perché venga concessa l’amnistia ai clandestini. Gli organizzatori delle manifestazioni useranno la legge dell’Arizona come vessillo per incanalare la rabbia e l’odio etnici.
    Obama sta alimentando una polarizzazione razziale, politica e ideologica ancora più forte. Dai tempi della guerra civile gli americani non sono mai stati così divisi. Obama sta gettando le fondamenta di una possibile guerra fra razze. Benvenuti nell’America “fascista” di Obama...




[1] Kuhner usa il termine come sinonimo di totalitarismo, anche se il dibattito sul fascismo propende a farne piuttosto uno Stato autoritario con derive totalitarie; la miscela “liberalism” + fascismo sembra meglio illustrato dal concetto di "democrazia totalitaria" introdotto dal politologo americano Jacob Leib Talmon (1916-1980).

[2] Come ha più volte scritto, con questa espressione Kuhner non intende le corporazioni di arti e mestieri della vecchia Europa, bensì la democrazia controllata dai gruppi di pressione, in particolare dalle grandi corporation  industriali.


[L'articolo è apparso su The Washington Times il 30-4-2010]






Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog