Il presidente Obama ha distrutto l’ultima superpotenza al mondo. L’America non è più il poliziotto globale. I nemici hanno smesso di tremare di fronte alla nostra potenza militare. I nostri avversari hanno smesso di trattarci con rispetto. Washington non ha più la volontà — o lo stomaco — di mantenere la sua egemonia.
Questo è il vero significato del drammatico mutamento in tema di politica di sicurezza nucleare dell’Amministrazione. Il Nuclear Posture Review (NPR) annunciato questa settimana rappresenta uno spartiacque geopolitico: è la fine del momento americano, il punto in cui gli Stati Uniti rinunciano volontariamente alla loro leadership sulla scena internazionale.
L’NPR stabilisce che Washington non userà mai le sue armi nucleari contro quegli Stati che ne sono privi che firmeranno il Trattato di non Proliferazione Nucleare (NPT). E questo anche se una di quelle nazioni attaccasse l’America con armi chimiche o biologiche. C’è un “invito a farsi largo” fatto all’Iran o alla Corea del Nord, entrambe firmatarie dell’NPT. Ovvero, se qualche gruppo terroristico legato a un Paese mediorientale ammazzasse milioni di americani facendo esplodere uno dei nostri impianti nucleari oppure ricorrendo alle armi batteriologiche come l’antrace, un attacco nucleare di ritorsione sarebbe escluso.
Questo atto non fa che incoraggiare gli avversari dell’America che adesso sanno che Obama non ricorrerà in nessun caso all’arma finale — la bomba —, indipendentemente da quanto nefando possa essere il loro crimine. Come se non bastasse, l’NPR stabilisce che gli Stati Uniti non rimoderneranno i propri sistemi d’arma nucleari; piuttosto, Washington farà affidamento sulle vecchie testate e infrastrutture nucleari, regalando un vantaggio determinante alla Cina e alla Russia nel’escogitare tecnologie innovative per le armi nucleari.
Obama pensa che l’NPR rappresenti un passo decisivo per il raggiungimento del suo obiettivo finale: un mondo libero da ordigni nucleari. E così, sta riducendo drasticamente l’arsenale americano e restringendo le condizioni alle quali un’arma nucleare può essere utilizzata.
Il presidente è un fantasticatore di sinistra e, in quanto tale, vede nella bomba atomica la minaccia più grave che esista alla sicurezza internazionale. Ma si sbaglia: niente è stato più efficace per mantenere la pace nel mondo quanto la bomba atomica. Il deterrente nucleare ha evitato che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica venissero direttamente alle mani durante la Guerra Fredda. Per secoli, abbiamo visto grandi eserciti azzannarsi reciprocamente alla gola: le rivalità fra le grandi potenze si traducevano in bagni di sangue sui campi di battaglia. L’esistenza della bomba ha reso tutto questo obsoleto. Il vasto arsenale nucleare americano assicura che non entreremo mai in un conflitto militare di grandi proporzioni contro giganti come la Cina Rossa o la Russia imperiale.
L’NPR significa anche che, se fossa combattuta al giorno d’oggi, gli Stati Uniti non potrebbero più vincere la Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico con le stesse armi di allora: le bombe atomiche sganciate su Hiroshima e su Nagasaki. Contrariamente al mito progressista, l’uso della bomba non solo pose fine alla guerra, ma salvò un numero inverosimile di vite americane e giapponesi. Fu un atto di umanitarismo militare.
Gli studiosi hanno stimato che un’invasione delle truppe statunitensi delle isole giapponesi avrebbe comportato la morte di più di 500.000 soldati americani e di milioni di civili giapponesi. È questa la ragione per cui la decisione del presidente Truman ebbe il supporto quasi unanime delle truppe e dell’opinione pubblica americane.
Eppure, l’America che sconfisse la Germania di Hitler e il Giappone di Togo era una nazione diversa. Era una superpotenza in ascesa, pronta e capace di sconfiggere i suoi nemici a qualunque costo. L’America di Obama è esattamente l’opposto: provinciale, indulgente con se stessa, esausta e in ritirata. Ci spaventa persino il pensiero di usare armi atomiche. Questo non è un modo di governare illuminato: è codardia morale.
Negli anni in cui George W. Bush era al governo, la sinistra progressista lo additava come un cowboy “unilateralista”, disposto ad andare da solo, anche a dispetto della forte opposizione dei benpensanti di Germania e di Francia. Era vero l’opposto: in Afghanistan e in Iraq, Bush ha dato vita a larghe coalizioni.
Il vero “unilateralista” è Obama che sta unilateralmente disarmando l’America. Durante il suo turno di presidenza, gli Stati Uniti, in un patto con la Russia, hanno accettato di ridurre il proprio arsenale nucleare. Obama sta rinunciando alla possibilità di sviluppare il nucleare del futuro. E ha detto ai nostri nemici — senza mezzi termini — che gli Stati Uniti non reagiranno mai facendo ricorso alle nostre armi più potenti, indipendentemente da quanti americani saranno massacrati.
Obama sta combinando un disarmo rischioso con un pacifismo avventato. Sta mettendo al bando l’uso di termini come “islam”, “jihad” e “estremismo islamico” dai documenti governativi sulla sicurezza nazionale che hanno a che fare con la strategia degli Stati Uniti nella guerra al terrorismo. La ragione invocata è che queste parole offenderebbero molti fedeli musulmani.
L'agire di Obama dimostra il suo profondo allontanamento dalla realtà e l'incapacità di ammettere che l’America sta combattendo una battaglia all’ultimo sangue con l’islam radicale. Censurare i termini non fermerà i jihadisti nel loro intento di instaurare il califfato mondiale. Servirà solo a disorientare e a demoralizzare l’opinione pubblica in patria. Incapace o non desideroso d’individuare il nostro nemico mortale, Obama di fatto abbandonato la guerra al terrorismo islamico.
Obama ha trasformato l’America in una nazione che non pensa più seriamente alle sue responsabilità internazionali. Ha fatto del nostro Paese una barzelletta agli occhi del mondo, specialmente a quelli dei suoi nemici.
I “mullah apocalittici” dell’Iran l’hanno colto. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha pubblicamente sbeffeggiato Obama, definendolo un dilettante. L’Iran è a un passo dal procurarsi la bomba nucleare. Come Adolf Hitler negli anni 1930, Ahmadinejad avverte a ragione che il più forte degli avversari in Occidente ha perso la volontà di affrontare a viso aperto i dittatori fascisti intenzionati a espandersi militarmente. La politica di pacificazione di Obama e le minacce di sanzioni prive di reale valore suscitano solo disprezzo dinanzi all’"uomo forte allo stesso tempo persiano e nazista.
«Signor Obama, in politica lei è un principiante. Aspetti di farsi un po’ le ossa e un po’ di esperienza», ha detto Ahmadinejad davanti a una folla di sostenitori.
Obama è un sognatore. Ha il complesso del messia, crede cioè che la sua presidenza segni una sorta di cambiamento epocale, consistente nell’instaurare un progressismo socialista e di creare un mondo libero dal nucleare. Le delusioni che patisce vanno bene per la corporazione della stampa liberal, ma agli occhi del mondo reale — il mondo del militarismo cinese, del gangsterismo russo, dell’avventurismo iraniano e dell’imperialismo islamico — non è altro che il guardiano di una iperpotenza in declino.
Il sogno di Obama è in realtà un incubo. La pax americana ha mantenuto l’ordine nel mondo a partire dal 1945: adesso sta crollando, minato da una crisi di fiducia. I barbari sono alle porte. Una nuova "Età Oscura" sta quasi per sommergerci. La superpotenza americana non è più tale.
[The Washington Times, 9-4-2010; trad. red.]
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