"RIGHT IS RIGHT, LEFT IS WRONG"

giovedì 4 novembre 2010

L’impero di Soros
Il miliardario megalomane minaccia
i valori americani



Riecco George Soros. Il noto miliardario sinistrorso ha scritto questa settimana una nota apparsa nella sezione degli editoriali del Wall Street Journal in cui chiede la legalizzazione della marijuana. Soros sostiene “Proposizione 19”, il referendum californiano che si terrà [si è tenuto, con esito negativo per i proponenti (ndr)] il 3 novembre, che vorrebbe legalizzare il possesso di modiche quantità di marijuana e consentire la sua coltivazione fra le mura domestiche.
    “Proposizione 19” è solo un importante passo verso la meta ultima di Soros: la legalizzazione di quasi tutte le droghe pesanti, incluse la cocaina e l’eroina. Si tratta di una causa che Soros ha sposato e finanziato per decenni e che, se vinta, avvicinerebbe l’America al suo modello di socialdemocrazia permissiva di stampo europeo.
    La diffusione delle droghe, distruggendo la vita (e il cervello) di milioni di americani, minaccia la fabbrica stessa della nostra società. E favorisce l’abuso sui bambini, la violenza domestica, il crimine, le nascite illegittime, l’AIDS e il degrado sociale: è un flagello pubblico e il suo uso non dovrebbe essere né incoraggiato, né sanzionato legalmente, bensì sradicato.
    A Soros non importa nulla che la legalizzazione si traduca in una crescita delle morti per droga e in più alte percentuali di dipendenza, specialmente fra bambini e adolescenti: Soros è un esponente della "cultura della morte". Aborto, ateismo, pornografia, matrimonio omosessuale, eutanasia e suicidio assistito sono tutti punti-chiave del programma progressista di Soros.
    Le élite mediatiche danno scarso risalto a Soros e alle sue nefaste attività perché ne condividono la filosofia politica. Ecco perché rifiutano di far luce sul suo comportamento clandestino, rapace e immorale. Sono suoi complici che ne coprono i loschi, manipolatori e deleteri traffici e velano le sue opinioni neo-marxiste radicali.
    Soros è il “paparino”del Partito Democratico e della sinistra moderna. Il suo patrimonio netto, che ammonta a più di sette miliardi di dollari, fa di lui uno dei più ricchi e dei più influenti uomini al mondo. E quasi tutte le maggiori organizzazioni, think tank o canali mediatici liberal sono stati beneficiati dalla liberalità di Soros: il periodico The Nation, Mother Jones, Media Matters, MoveOn.org, NPR e il Center for American Progress nel complesso hanno ricevuto milioni di dollari dal finanziere. Essi fungono da gruppi di frangia e da veicoli di propaganda per promuovere il tipo di socialismo transnazionale che piace a Soros.
   Soros ha versato centinaia di milioni di dollari al vecchio blocco comunista. L’ex impero dei Soviet era diventato addirittura l’impero di Soros: era lui che lavorava dietro le quinte per destabilizzare e per influenzare Stati come la Croazia, la Slovacchia, la Serbia, la Georgia, il Kosovo e l’Ucraina, in cambio delle loro risorse naturali.
    Soros è un imperialista liberal che opera per instaurare un governo unico mondiale; è rabbiosamente contro il capitalismo; è in favore dell’innalzamento delle tasse, della spesa pubblica esagerata, dello statalismo del welfare, di una massiccia ridistribuzione della ricchezza ai poveri e di uno stretto controllo del sistema finanziario internazionale. Disprezza il senso nazionale e l’eredità giudeo-cristiana dell’Occidente. Il suo obiettivo è quello d’introdurre il mondo a un nuovo ordine globale basato sul materialismo scientifico e sull’ingegneria sociale progressista.
    Soros è un deciso sostenitore dell’amnistia per gl’immigranti illegali e dell’abbattimento delle frontiere con il Messico e con il Canada; secondo lui, la religione, gli Stati-nazione e la famiglia sono istituti repressivi e antiquati che vanno aboliti; è così il nemico della democrazia e dell’America.
    Durante la presidenza di George W. Bush, Soros chiese un “regime change” e spese quasi 25 milioni di dollari nella speranza di sconfiggere Bush nel 2004, non riuscendovi solo per un pelo.
    Il miliardario sta favorendo il caos finanziario per svalutare la nostra moneta. Soros sta scommettendo contro il dollaro Usa, cercando di minarne il valore sui mercati globali: distruggete il dollaro e la potenza economica dell’America crollerà con esso. Soros vuol ripetere il suo leggendario assalto del 1992 alla sterlina britannica, con il quale quasi riuscì a far fare bancarotta alla Banca centrale e provocò una crisi economica che costrinse i contribuenti inglesi a pagarne un caro conto. Soros fece allora la figura del bandito, intascando quasi un miliardo di dollari dal suo piano di manipolazione delle valute.
    Soros è altresì uno scaltro studioso di storia: come Leon Trotsky, uno dei padri della Rivoluzione bolscevica del 1917, egli crede che fomentare la crisi permanente aiuti la rivoluzione permanente: una prolungata crisi economica, infatti, decimerebbe la classe media e comporterebbe l’accettazione di un intervento statale senza precedenti: questo è quanto egli ha sperato accadesse negli scorsi anni.
    Soros è un ipocrita: vuole tasse più alte sulla ricchezza e una più stretta regolamentazione delle corporation. Ma il suo fondo d’investimento è registrato nelle Antille Olandesi, il che gli consente di schivare le tasse sui redditi e sui dividendi imposte dallo Zio Sam. I suoi investimenti e il suo denaro sono custoditi in conti offshore, lontano dagli artigli dell’Internal Revenue Service o dall’occhio vigile della Securities and Exchange Commission. Nel 2002, è stato imputato in Francia per insider trading. Non solo: Soros ha interessi finanziari legati ai cartelli della droga latinoamericani. Per esempio, è stato detto che abbia una partecipazione di maggioranza nel Banco de Colombia, istituto noto come lavanderia del denaro dei signori della droga: in breve, Soros pensa che le regole a lui non si applichino.
    Egli è in sostanza un megalomane amorale disconnesso dalla realtà. Si autodefinisce “il boss dei papi”, ammettendo di provare impulsi messianici. «Immagino me stesso come una sorta di dio», ha detto una volta. E ha continuato sottolineando che «in verità, mi fanno compagnia fin dall’infanzia alcune fantasie messianiche abbastanza potenti, che mi accorgo di dover controllare, per evitare che mi creino problemi». Ma Soros sostiene che ha imparato a venir a patti con esse, nel momento in cui ha abbracciato il suo destino storico mondialista. «È una sorta di malattia quando uno si considera in qualche modo figlio di dio, il creatore di tutto: ma adesso non ho più problemi, poiché ho cominciato a esserlo».
    Il fatto che Soros sia la potenza alle spalle del regime di Obama rivela la bancarotta morale e intellettuale di questo e quanto sia profondo il fallimento del liberalismo. Invece che essere considerato un eroe e un benefattore, Soros dovrebbe costituire ovunque un fattore d’imbarazzo per i liberal, dal momento che egli si pone come chiaro e immediato pericolo per la repubblica e per i suoi valori fondativi.
    Se i repubblicani riprenderanno il controllo del Congresso [come è accaduto], dovrebbero lanciare una inchiesta sulle attività politiche nefaste e sulle losche manovre finanziarie di Soros. Soros ha dichiarato guerra ai conservatori e ora tocca a noi dichiarare guerra contro di lui.

[L'articolo è apparso su The Washington Times del 28 ottobre 2010]

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