FERMIAMO IL GOLPE SOCIALISTA
Martin Luther King: "Io ho un sogno"; il cittadino americano: con Obama "abbiamo un incubo"
Il presidente Obama è coinvolto in un numero elevato di crimini e reati di Stato. La maggioranza democratica al Congresso è a rischio perché gli americani rifiutano il suo programma. Eppure c’è da fare ancora qualcosa: chiedere l’impeachment di Obama, perché egli sta lentamente costruendo — un pezzo doloroso dopo l’altro — una dittatura di stampo socialista. Non siamo ancora a quel punto, ma Obama sta avviando l’America su quel pericoloso percorso. Sta minando il nostro sistema costituzionale di controlli incrociati, sovvertendo le procedure democratiche e lo Stato di diritto, presiedendo un regime corrotto e gangsteristico e dando l’assalto ai pilastri fondamentali del capitalismo tradizionale. Proprio come l’uomo forte di sinistra del Venezuela, Hugo Chavez, Obama è deciso a imporre dall’alto una rivoluzione che polarizzi l’America lungo tre linee: razziale, politica e ideologica. Obama è il presidente più divisivo dai tempi di Richard Nixon. La sua politica stanno balcanizzando il Paese: è ora che se ne vada.
Egli ha infatti abusato della sua funzione e violato il giuramento di rispettare la Costituzione. La sua revisione del sistema sanitario è stata estorta al Congresso, ma vi si opponeva e continua a opporvisi la maggioranza del popolo: è passata solo ricorrendo a mazzette e a intimidazioni politiche. Il "Louisiana Purchase", il "Cornhusker Kickback", i cinque miliardi di dollari per il Medicaid stanziati apposta per favorire il senatore Bill Nelson nel suo collegio in Florida: così il denaro dei contribuenti è stato usato praticamente come un fondo nero con cui comprare voti incerti.
Come se non bastasse, la legge è manifestamente incostituzionale. Il governo federale non ha il diritto di costringere ogni cittadino ad acquistare un bene o un servizio: questo diritto non è riconosciuto nella Costituzione e rappresenta una espansione di potere senza precedenti.
Ma il risvolto più nocivo dell’Obamacare è il finanziamento federale dell’aborto. I pro-life sono ora costretti a vedere le tasse che pagano usate per finanziare piani assicurativi che includono l’assassinio dei bambini non nati. Questo è qualcosa di più di un infanticidio di Stato: esso viola i diritti di coscienza dei cittadini religiosi. I tradizionalisti — evangelicali, cattolici, battisti, musulmani ed ebrei ortodossi — sono resi complici di un abominio che va contro i loro valori religiosi più profondi. All’entrata in vigore della legge (come in Pennsylvania) le conseguenze di questi stanziamenti per l’aborto diventeranno sempre più evidenti e il risultato sarà una guerra civile culturale. Inoltre, i pro-life saranno sempre più resi estranei alla società: in molti, sta già maturando una secessione interiore.
Obama sta anche muovendo un assalto frontale contro il diritto di proprietà. La fuoriuscita di petrolio della BP è un esempio in materia. La BP è chiaramente responsabile della perdita e del massiccio danno economico e ambientale inflitto al Golfo. Mentre è in corso un processo legale per giudicare le denunce, Obama si è comportato in maniera più simile a quella di un Chavez o di un Vladimir Putin, intimando con un gesto di prepotenza alla BP di istituire un fondo di 20 miliardi di dollari per i risarcimenti, che sarà amministrato da un funzionario nominato da Obama. In altre parole, i beni di una compagnia privata vengono rapinati per finanziare un programma politico. Miliardi di dollari verranno così distribuiti arbitrariamente, come indennizzo per le vittime della fuoriuscita di petrolio, e la maggior parte andrà agli elettori democratici: questo si chiama favoritismo e autoritarismo strisciante.
Il socialismo multiculturale di Obama, creando un sistema di assistenza sanitaria a controllo statale rigido, nazionalizzando di fatto le grandi banche, il settore finanziario, l’industria automobilistica e i sistemi di prestiti d’onore agli studenti, cerca di strappare l’America dalle sue radici tradizionali. La prossima tappa sarà l’approvazione della legge sulle emissioni di gas “cap-and-trade”, che porterà tutto il settore industriale e manifatturiero sotto il tallone del big government. Lo Stato sta infatti intervenendo in ogni ambito della vita americana, andando ben oltre i limiti previsti dalla Costituzione: sotto Obama la Costituzione si è trasformata in un inutile mucchietto di carta.
Per fornirsi delle truppe d’assalto necessarie al suo golpe socialista, Obama chiede una “riforma globale dell’immigrazione”, che garantirebbe l’amnistia a dodici milioni di immigrati illegali su un totale di venti. Questa mossa darebbe palesemente vita a una maggioranza elettorale democratica permanente, che suonerebbe come rintocco funebre per la nostra sovranità nazionale. L’amnistia premia l’illegalità e il comportamento criminale e significa che le nostre già permeabili frontiere meridionali si apriranno a una massiccia invasione di clandestini. Tutto questo si traduce nella morte degli Stati Uniti come nazione: noi non saremo più un Paese, ma la colonia di un impero socialista globale.
Invece di difendere la propria terra, il Dipartimento di Giustizia di Obama ha fatto causa all’Arizona per la sua legge sull’immigrazione, schierandosi con i criminali invece che con i cittadini americani. Le azioni di Obama profanano il giuramento presidenziale, prestato sulla Costituzione, di proteggere i cittadini degli Stati Uniti dai nemici interni ed esterni. E, visto che Washington si rifiuta di proteggere i nostri confini, incoraggiando una immigrazione illegale ancora maggiore, la decisione di Obama in questo ambito ha i connotati del tradimento.
In quanto Presidente, ci si aspetta che Obama rispetti lo Stato di diritto: ma, al contrario, la sua amministrazione ha fatto cadere le accuse di intimidazione elettorale formulate contro membri del Nuovo Partito delle Pantere Nere, malgrado il comportamento incriminato — uomini in abiti militari che brandivano bastoni e minacciavano i bianchi nei pressi dei seggi elettorali — fosse stato filmato e registrato. Un avvocato del Dipartimento della Giustizia coinvolto da vicino nel caso, J. Christian Adams, ha dato le dimissioni in segno di protesta. Adams sostiene che, con Obama, si è di fronte a una nuova politica: per i casi giudiziari che vedono imputate persone di colore e come vittime bianchi non vi è più luogo a procedere, indipendentemente da quanto le vittime alzeranno la voce per ottenere giustizia. Questo è più di un razzismo istituzionalizzato: è l’abrogazione delle leggi per i diritti civili. Il comportamento del Dipartimento di Giustizia è illegale. Esso costituisce una minaccia diretta contro l’integrità della nostra democrazia e contro il carattere inviolabile dei nostri procedimenti elettorali.
La corruzione nell’Amministrazione è in forte crescita. A Washington non siede più un governo, ma un regime gangsteristico. I “metodi di Chicago” sono diventati i metodi di Washington. Il capo dello staff presidenziale Rahm Emanuel è un politico d’assalto, che agisce in maniera amorale e senza scrupoli: fu lui che andò a cercare Joe Sestak, democratico della Pennsylvania per offrirgli un incarico di alto livello nella speranza di persuaderlo a non sfidare alle primarie il senatore Arlen Specter. Lo stesso Emanuel ha offerto un’altra posizione di governo a Andrew Romanoff per fare la stessa cosa alle primarie per il Senato del Colorado. Ed è stato sempre lui — come è emerso nel corso del processo riguardante l’ex-governatore dell’Illinois Rod Blagojevich — ad agire come intermediario per far “paracadutare” Valerie Jarrett sul seggio senatoriale che era di Obama. La sola questione è: che cosa ha voluto Blagojevich in cambio?
Questa non è semplicemente la politica delle manovre squallide, stile Chicago: è anche sistematica violazione della legge attraverso la corruzione, il tentativo di interferire e di manipolare le elezioni usando posti stipendiati con il denaro dei contribuenti, con il commercio d’influenze e con l’abuso di potere.
L’errata percezione diffusa a destra è che Obama sia un altro Jimmy Carter, cioè un progressista incompetente la cui presidenza è destinata ad cadere in briciole sotto i colpi di un fallimento dopo l’altro. È vero, invece, l’esatto opposto: Obama è il più coerente fra i presidenti del nostro tempo, uno che cerca di trasformare l’America in qualcosa che i nostri padri fondatori troverebbero non solo irricevibile, ma addirittura ripugnante. Come tutti i rivoluzionari radicali, Obama non pensa altro che al potere, a mantenerlo e a esercitarlo massimizzandone l’efficacia: questo Stato di nuovi banditi voluto da Obama va assolutamente fermato.
Se i Repubblicani riconquisteranno il Congresso a novembre, dovrebbero — e probabilmente lo faranno — aprire formali inchieste su questa amministrazione criminale e tormentata da scandali. Darrell Issa, repubblicano della California e autorevole membro della Commissione per la Tutela e le Riforme del Governo, ha promesso di farlo. Obama ha tradito il popolo americano e l’impeachment è l’unica risposta possibile: questo usurpatore va rovesciato.
[L'articolo è stato pubblicato su The WashingtonTimes il 23 luglio 2010]
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